
La Superba ha sempre affascinato turisti, viandanti e commercianti, senza dimenticare la schiera di artisti, letterati, filosofi e poeti che se ne sono innamorati.
Per alcuni, come Rimbaud, si trattava di un passaggio per arrivare ad altre mete. Per altri, come il filosofo tedesco Nietzsche, era il posto ideale per abitare, nel particolar caso in Salita delle Battistine 8, per diversi anni.
Il clima mite e accogliente della Liguria era un toccasana sia per la salute che per lo spirito.
“Quando uno va a Genova, è ogni volta come se fosse riuscito ad evadere da sé: la volontà si dilata, non si ha più coraggio di essere vili. Mai ho sentito l’animo traboccante di gratitudine, come durante questo mio pellegrinaggio attraverso Genova.”
Nell’Ottocento l’esperienza romantica e mistica del “Grand Tour”, ha portato letterati e intellettuali di tutta Europa in Italia. La visita delle antiche vestigia romane, così come delle chiese e delle grandi opere d’arte disseminate in tutta la penisola, era l’attrattiva maggiore, e Genova una delle tappe più affascinanti.
Ne “Il gabbiano”, uno dei suoi testi più struggenti e intensi, Anton Cechov scrive:
“Genova è la città più bella del mondo”.
Joseph Conrad vede in Genova il luogo della nostalgia, una città che è una foresta di palazzi di marmo, misteriosa e indicibile come le foreste più propriamente dette, e ne parla nel romanzo che lo renderà famoso in tutto il mondo, “Heart of darkness”.
“A uno slargo al quale convergeva una selva fitta di vicoli si fermò e guardandosi intorno si chiese se tutti quegli imponenti palazzi erano disabitati o se invece era lo spessore dei muri ad impedire che vi trapelasse il pur minimo segno di vita; non poteva credere, infatti, che a quell’ora gli abitanti fossero tutti sprofondati nel sonno”.
“Un cupo bagliore purpureo arrossava le facciate marmoree dei palazzi inerpicati sulle falde montagne sassose i cui crudi contorni si profilavano alti e spettrali nel ciclo che si andava oscurando. Il sole invernale calava sul golfo di Genova…”

Mark Twain guarda invece Genova attraverso le persone, le loro abitudini e i modi di vivere.
“Le signore e i gentiluomini di Genova hanno la piacevole abitudine di passeggiare in un ampio parco in cima a una collina al centro della città…e quindi, per un altro paio d’ore, di prendere il gelato in un giardino adiacente.”
“…queste donne genovesi sono incantevoli. La più gran parte di queste damigelle sono vestite di una bianca nube dalla testa ai piedi, sebbene molte si adornino in una maniera più complicata. Nove su dieci non hanno sul capo null’altro che un sottilissimo velo ricadente sulle spalle a guisa di bianca nebbia. Hanno capelli biondissimi e molte di loro occhi azzurri, ma più spesso si vedono occhi neri e sognanti occhi castani…”
Charles Dickens, che nei suoi racconti di viaggio tramuta la moda del “Grand Tour” in un sofisticato e appassionante genere letterario, fa tappa a Genova.
“E potrò mai dimenticare le vie dei palazzi, la Strada Nuova e la Strada Balbi? O l’aspetto dell’una, quando la vidi per la prima volta, sotto il più fulgido e il più intensamente turchino dei cieli estivi, che le sue file raccostate di dimore immense, riducevano a una striscia preziosissima di luce, restringendosi gradatamente, e contrastanti con l’ombra greve al di sotto!”
Henri Beyle, in arte Stendhal, compila un diario di viaggio “Journal d’un voyage en Italie et en Suisse, pendant l’année 1828” e parla anche di Genova, lasciando consigli pratici:
“…Prendere una stanza alla pensione Svizzera, vicino a Banchi (qui la Borsa ha questo nome) e qui bisogna chiedere la camera 26 al quarto piano, dalla quale si vedono il porto e la montagna. Bisogna dire ‘Mi dia la camera che un russo ha occupato per 22 mesi’. Costa un franco e venticinque al giorno. Di fronte c’è un ristorante dove si può mangiare scegliendo una lista.”
Montesquieu, nel suo “Viaggio in Italia”, rinforza l’antica credenza sul carattere ruvido dei genovesi:
“I Genovesi non sono affatto socievoli; e questo carattere deriva piuttosto dalla loro estrema avarizia che non da un’indole forastica: perché non potete credere fino a che punto arriva la parsimonia di quei principi. Non c’è niente di più bugiardo dei loro palazzi. Di fuori, una casa superba, e dentro una vecchia serva che fila … I genovesi di oggi sono tardi quanto gli antichi Liguri. Non voglio dire con questo che non intendano i loro affari: l’interesse apre gli occhi a tutti … C’è una cosa ancora: che i genovesi non si raffinano in nessun modo: sono pietre massicce che non si lasciano tagliare. Quelli che sono stati inviati nelle corti straniere, ne son tornati genovesi come prima.”
Mary Shelley e George Byron hanno abitato sulla collina di Albaro, mentre la sfortunata moglie di Oscar Wilde, Constance, è fuggita proprio a Genova per ripararsi dagli scandali del marito in madre patria.
Nei tempi più moderni l’Hotel Miramare, oggi trasformato in tanti piccoli appartamenti, fu la meta di tanti personaggi celebri del ‘900 da Stan Laurel e Oliver Hardy a Orson Welles. Le notti infuocate tra D’Annunzio e la Duse si mescolavano alle liti focose tra Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda. Tra un bicchiere e una lite lo scrittore avrà modo una volta di guardarsi intorno e di vedere Genova:
“Il Miramare di Genova inghirlandava la curva oscura della spiaggia con festoni di luce e la sagoma delle montagne faceva spicco sullo sfondo nero grazie al riverbero delle finestre degli alberghi più in alto”
Una Superba che rimane nel cuore e nell’anima di chi la vive, a cavallo dei secoli.
Ti sei innamorato anche tu di Genova?
Scrivici, ti ci accompagnamo noi.
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